Prima di dare soldi alle cliniche private bisogna sistemare la sanità pubblica

TERAMO – Non piace ai medici che lavorano nel pubblico il nuovo investimento che la giunta regionale ha fatto nei confronti della sanità privata. La Giunta regionale, lo scorso 24 giugno, ha deliberato l’aumento delle quote del budget destinato alle case di cura private in Abruzzo per gli anni 2014-2015, per un importo pari a circa 7,8 milioni di euro.  “Quello che lascia perplessi – è la posizione del sindacato dei medici del sistema sanitario nazionale Anaao Abruzzo –  è che la Regione abruzzese, nel campo della sanità pubblica, vive attualmente una situazione di estrema difficoltà”. Sono centinaia  i contratti a tempo determinato di precari medici ed operatori sanitari  rinnovati lo scorso 30 giugno per i soli tre mesi estivi, ricorda l’Anaao e prosegue: “Molti reparti sono stati chiusi, sono state avviate tutte le procedure di riconversione dei piccoli ospedali e ridotti i posti letto negli ospedali maggiori, ma non è ancora partito un progetto integrativo e sostitutivo delle attività sul territorio, tale da minimizzare l’impatto di simili trasformazioni sulla popolazione; tema di discussione continua ad essere, inoltre, la questione dell’abbattimento delle liste d’attesa, ma in ospedali che non riescono a soddisfare, per carenze di personale e strutturali, quella che è la routine quotidiana, è difficile avviare progetti in grado di superare il problema”. Resta infine, irrisolto, il dilemma delle due facoltà di medicina abruzzesi, sostiene il sindacato, e della loro integrazione all’interno del sistema sanitario regionale, soprattutto in un momento in cui si riducono i posti letto delle unità operative. “Sicuramente il privato accreditato può avere un ruolo complementare nell’ambito del Sistema Sanitario Regionale secondo i medici Anaao – ma alla luce del nuovo decreto Lorenzin (che prevede standard ospedalieri con strutture operative specialistiche insistenti su aree di seicentomila abitanti) crediamo che sarebbe stato meglio attendere i cambiamenti necessari nell’organizzazione istituzionale  del sistema sanitario prima di procedere. Solo un cambiamento realizzato in maniera condivisa fra tutti gli attori del processo e nel rispetto dei bisogni dei territori può portare alla salvaguardia del ospedale pubblico, unico  baluardo della tutela "non profit" della salute dei cittadini, senza bisogno di finanziare privati che, in un passato recente,  sì sono dimostrati non sempre affidabili”.